lunedì 22 agosto 2016

UN GIAPPONESE AL LOUVRE


Nato nel 1793, il Louvre, sito a Parigi, è uno dei primi musei europei, dopo l'Ashmolean Museum di Londra (1683), la Gemaldegalerie di Dresda (1744) e i Musei Vaticani (1784). Il museo ospita opere di Sandro Botticelli, François Boucher, Agnolo Bronzino, Annibale Carracci, Caravaggio, Correggio, Paul Cézanne, Jacques-Louis David, Edgar Degas, Eugène Delacroix, Leonardo, Marco Palmezzano, Raffaello, Rembrandt, Pieter Paul Rubens, Jan Vermeer e molti altri. Si tratta di un'istituzione che riveste un ruolo fondamentale nella vita culturale francese e internazionale. L'insieme dei sette dipartimenti in cui è suddiviso documenta l'evoluzione dell'arte antica presso le civiltà del Mediterraneo e di quella europea dall'alto medioevo alla prima metà del XIX secolo. La sua storia è strettamente legata a quella della Francia, alle vicende politiche e alle trasformazioni che hanno caratterizzato il Paese. Tra i suoi dipinti più famosi vi è la celebre Gioconda di Leonardo da Vinci.
I giapponesi, da sempre amanti della cultura europea, sono tra i suoi visitatori più assidui. Se, poi, si associa il Louvre al mondo dei manga e degli anime (i fumetti e i cartoni animati giapponesi) un personaggio sale immediatamente alla ribalta: Lupin III. Il famosissimo ladro, nel corso delle sue molteplici avventure, progetta più volte colpi a danno del museo, sottolineando in tal modo sia il valore artistico (ed economico) di ciò che custodisce, sia la popolarità di cui gode presso il lontano Paese asiatico. In questa sede, tuttavia, ci occupiamo di un altro “giapponese disegnato” che si reca a fare visita a quel luogo di cultura con intenti meno fraudolenti: Jiro Taniguchi. Mangaka popolare in Europa, in particolare in Italia e Francia, dove ha trovato una sorta di seconda casa artistica, Taniguchi scrive e disegna il volume “I guardiani del Louvre”, nel quale un disegnatore giapponese (in parte ricalcato su se stesso) si reca in visita al tanto famoso quanto vasto museo perdendosi, letteralmente, tra le sue stanze e le sue opere. La personale visione di Taniguchi del Louvre è subito evidente, dato che lo tratteggia più come qualcosa di magico, un mezzo in grado di trasportare in altri tempi e luoghi, che non un luogo prettamente fisico e statico. Per motivi non spiegati, e in fondo poco importanti, il protagonista ha accesso ad altri livelli di visione e conoscenza negati agli altri visitatori. Viene avvicinato da figure definite i guardiani del Louvre, in particolare da una sorta di reincarnazione della Nike di Samotracia. La statua della dea della vittoria, che ha acquisito carne e ossa, gli spiega che si stanno muovendo in una dimensione che esiste solo nella sua mente, un luogo più vicino alla realtà che al sogno. A quel punto è per lui possibile, anche se non in modo volontario e prevedibile, spostarsi nel tempo e nello spazio, incontrare Van Gogh nel suo ritiro bucolico, osservare lo smantellamento del museo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dialogare con artisti che non sono più vivi da secoli. Insomma, il museo come sogno, come viaggio, come porta di accesso a una conoscenza più ampia, che travalica ogni limite. Quello che, in fondo, dovrebbe essere ogni museo per chi è veramente attratto dalla sete di conoscenza. C’è in questo senso, una critica non troppo velata all’appiattimento dell’opera d’arte, che talvolta diventa una mera attrazione turistica. Questa considerazione viene fatta proprio davanti alla Gioconda, nota anche come Monna Lisa, celeberrimo quadro di Leonardo da Vinci. Questa donna con un'espressione pensierosa e un leggero sorriso, quasi enigmatico, diventa quasi il simbolo di un’arte banalizzata, trasformata in meta vacanziera e oggetto di selfie da frotte di visitatori che somigliano più a villeggianti che ad appassionati d’arte. Ma è solo un attimo, poi la narrazione si rituffa in mezzo a opere e artisti, spostandosi continuamente avanti e indietro nel tempo, in mezzo a quella fonte inesauribile di bellezza e riflessioni. Il segno pulito di Taniguchi aggiunge arte all’arte, riproducendo molti quadri nelle sue tavole. Il suo stile nipponico si adatta un poco alla bande dessinee, il fumetto francese, nel grade formato e nel colore, puntando su tinte tenui, delicate, che mutano nelle tonalità a seconda delle esigenze narrative. Il volume, in fondo, è anche la celebrazione di una felice unione che dura da tempo, quella tra la Francia e Taniguchi. Nominato Cavaliere dell’ordine delle Arti e delle Lettere dal governo francese, chiamato da marchi del calibro di Louis Vittuon e Cartier a realizzare immagini che esaltino i loro prodotti di lusso, Taniguchi in Francia è di casa, anche se ancora fatica un poco ad abituarsi a tutte queste attenzioni. Perché se il Giappone è uno dei mercati più grandi e vivaci al mondo per la produzione di fumetti, è difficile che questi vengano valorizzati come opere d’arte. Fortunatamente c’è il Louvre, che gli ha commissionato questo bel volume, a ricordargli che l’arte non ha confini.



Jiro Taniguchi
I guardiani del Louvre
Rizzoli - Lizard
pp. 160
euro 19,00


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